TAGGIA

Benvenuti! Il centro storico di Taggia offre ai suoi visitatori un affascinante viaggio tra antiche architetture civili e sontuose chiese, lungo stretti “carrugi” (vicoli) che risalgono il fianco della collina.

Partiamo da Piazza Eroi Taggesi, il salotto ottocentesco del borgo, dove al centro spicca l’obelisco (1896) dedicato ai patrioti mazziniani D. Ferrari e ai fratelli Ruffini. Lasciamo gli snodi cittadini contemporanei e, lungo via Roma, raggiungiamo Via Soleri (detta il Pantàn), monumentale via porticata, lastricata in ardesia, urbanizzata nel corso del Quattrocento. Qui si affacciano i palazzi delle antiche famiglie tabiesi. Tra i molti edifici segnaliamo Palazzo Curlo al civico 24, dalle slanciate arcate e dalla loggia in facciata: i Palazzi Asdente, l’uno al civico 17 con ampio atrio d’ingresso alla genovese e l’altro, al civico 15 sovrapporte gentilizie in ardesia, Palazzo Vivaldi-Pasqua (casa Comunale fino al 1985, oggi sede di associazioni culturali). Per secoli questa via, ricca di fregi decorativi e volumi architettonici pure danneggiati e riattati dopo il tragico terremoto del 1887, è stata ed è tuttora il luogo di ritrovo dei taggesi dei giorni di festa (processioni, partite di pallapugno, corse di cavalli, feste e rievocazioni storiche) e della quotidianità.

Raggiungiamo ora Piazza Gastaldi: qui si affacciano notevoli palazzi tardomedievali con portici a diverse arcate, come Palazzo Lombardi dal bel portale in ardesia e Palazzo Anfossi-Imperiale, proprietà della Parrocchia, ospitò a lungo un orfanotrofio femminile. Attrae la nostra attenzione la Chiesa Parrocchiale dei S.S. Giacomo e Filippo più nota come Basilica della Madonna Miracolosa, attribuita all’architetto romano Giuseppe Arcucci. La Basilica conserva un fastoso apparato barocco, importanti opere pittoriche (Luca Cambiaso, Francesco Brea) e la venerata statua della Madonna Miracolosa, patrona del Comune, modellata dallo scultore taggese Salvatore Revelli e il cui culto si celebra il giorno 11 di marzo, in ricordo dei prodigi avvenuti nel 1855.

L’11 marzo 1855, al termine di un ottavario di preghiera, si sarebbe verificato un evento miracoloso: gli occhi della Madonna si sarebbero mossi. Il prodigio si sarebbe poi ripetuto anche nei giorni successivi; e in altre occasioni nel corso del XX secolo.

Spostiamoci ora verso Piazza Farini: sul muro esterno della parrocchia, notiamo un paio di campioni dell’antica misura della Repubblica di Genova, il palmo genovese di cannella. Proseguendo, soffermiamoci sulla fontana detta Brakì delle Confrarie, commissionata nel 1462 allo scalpellino lombardo-ticinese Donato da Lancia: la fontana mostra una struttura ottagonale, a barchile (barchì, nel dialetto ligure per inversione linguistica diviene brakì); possiede la cannella per la raccolta dell’acqua potabile e l’abbeveratoio per gli animali da soma.

Ammiriamo poi Palazzo Lercari: la prestigiosa residenza in due volumi collegati da una galleria datata ultimo quarto del Seicento. L’elegante edificio ospita l’Archivio Storico Comunale, sale da convegno e sedi di associazioni culturali.

Avviamoci, quindi, lungo Via Lercari: il nome Rione Orso dato a questo quartiere è dovuto alla leggendaria esibizione di un animale ammaestrato qui ospite in un circo di passaggio. Osserviamo case a schiera, decorazioni di sovrapporte in ardesia con gigli o con trigrammi e l’elegante ardesia di reimpiego con Gesù bambino adorato dalla Madonna, San Giuseppe e dagli angeli.

Attraversiamo, poi, la Porta dell’Orso (1540), con stemmi di Taggia e di Genova, porta cittadina che ben resse l’attacco barbaresco del 1564. Arriviamo al Convento dei Padri Domenicani: il celebre complesso domenicano fu fondato a seguito della predicazione di Padre Cristoforo da Milano, al quale si deve il sostegno dei signori Galeazzo Maria Visconti e di sua moglie Bianca Maria alla costruzione del convento. Tutto il territorio fu coinvolto per l’edificazione di questo luogo (pietra, legname e maestranze dell’entroterra, oltre a quelle lombarde già presenti a Taggia). Le più importanti famiglie tabiesi acquisirono le cappelle gentilizie ospitate nella Chiesa intitolata alla Madonna della Misericordia: nel XV sec. furono chiamati insigni artisti del panorama ligure e piemontese (Ludovico Brea e Giovanni Canavesio).

Avviamoci ora lungo Via Bastioni che si svolge in parte lungo le mura: incontriamo il Bastione Grosso (o dei Berruti, 1540) e il Bastione della Biscia (la biscia è la mulattiera a zig-zag che scende dalla collina attraversando le proprietà agricole); il nome della torre è “Bastione del Ciazzo” (toponimo dialettale che indica spazio piuttosto degradante). La passeggiata con vista sul Castello, ci ha portati alla cinquecentesca Porta Pretoria dall’intatto apparato difensivo. Rientrati nell’abitato, imbocchiamo la salita di Via Littardi, soffermandoci ad ammirarne la Porta in forme duecentesche (con monofora e caditoie). Questa era inclusa in un sistema di case-torri, dette dei Marchesi di Clavesana, che segnala il controllo del territorio da parte della famiglia dal XII sec. Nel 1228 la Repubblica di Genova acquisì dai Clavesana i diritti su Taggia.

Risalendo Via S. Lucia giungiamo alla Porta Sottana (discendendo alcuni gradini si noti poco oltre la fontana medievale). Il pendio della collina si fa più accentuato e il percorso si svolge fuori le mura. Sostiamo presso la Chiesa di Santa Lucia: l’edificio di origine medievale si presenta oggi in un rifacimento del XVI sec con interni barocchi. È sede della Compagnia di Santa Maria Maddalena del Bosco, gruppo paraliturgico legato alla figura di Maddalena. I membri della Compagnia, i Maddalenanti, in occasione della festa (il weekend più vicino al 22 luglio), procurano la lavanda che verrà distribuita al pubblico presente per il Ballo della morte. Questo rito con ballo e musica tradizionali rievoca il ciclo del calendario agricolo scandito dalla morte e dalla rinascita della natura.

Con un ultimo slancio raggiungiamo il Castello dal quale si abbraccia con lo sguardo tutta la città e il suo comprensorio fino al mare. La struttura militare edificata nel XII sec e, in parte, demolita dai genovesi nel 1203, vide un’importante riedificazione nel 1564 in funzione anti-barbaresca e anche come riparo per la popolazione in caso di attacco soverchiante. Il Castello è divenuto, oggi, teatro all’aperto per concerti, rappresentazioni teatrali e cinema all’aperto.

Rientriamo nell’abitato attraverso Porta Soprana BIS qui percorriamo Via Tages fino alla fontana medievale del 1455, che garantiva alla città le acque della sorgente “i Tuvi”.

Imbocchiamo il primo di una serie di passaggi coperti, lungo Vico Calvi, raggiungendo così Via P. Segneri: qui si trova il Palazzo Pretorio, notevole esempio di edilizia duecentesca, identificato come primitiva sede del Comune.

Attraverso antichi percorsi voltati costeggiamo Piazza Grande e svoltiamo su Via Littardi percorrendola per intero in direzione nord. La Porta di Via Littardi, posta in luogo strategico per la difesa del borgo e più volte rimaneggiata, risulta “sacralizzata” con l’effige di San Benedetto Revelli, patrono di Taggia.

Continuiamo la nostra discesa di pochi passi e ci fermiamo ai piedi del “Convento delle suore carmelitane”, complesso monastico che si snoda sulla collina con un grandioso edificio (modernamente sede di carceri e asilo). La Chiesa conventuale di Santa Teresa, opera dell’architetto Giacomo Filippo Marvaldi, nel 1858 fu assegnata alla Confraternita della Misericordia, o dei Neri. Dopo la sconsacrazione, l’edificio è stato restaurato e recuperato come Auditorium comunale. Percorriamo Via San Dalmazzo, che mostra una notevole serie di portali in ardesia, alcuni dei quali “parlanti”, come nel caso della soprapporta della famiglia Porro al civico 10: i due scudi araldici mostrano proprio alcuni “porri”.

Osserviamo, ora, la Porta di Barbarasa: di origine tardomedievale, fu adattata secondo l’adeguamento delle difese militari deciso dalla comunità nel XVI sec. Proseguendo lungo la via in direzione nord, al civico 32 si può notare l’edicola votiva “della Resurrezione” in marmo bianco e in stile tardo gotico.

Avanzando ancora lungo Via San Dalmazzo, raggiungiamo la Salita San Francesco che ci conduce al complesso conventuale dei R.R.P.P. Cappuccini (1610). La chiesa dedicata a S. Andrea mostra un’architettura a capanna e conserva notevoli opere, quali il magnifico tabernacolo ligneo (1701) dello scultore Fra’ Tiburzio da Cagnano e alcune importanti pale d’altare, tra le quali la Pentecoste di Domenico Fetti (1610).

Ritornati su via S. Dalmazzo, raggiungiamo la porta del Colletto, struttura (con caditoie e cardini) che presidiava l’abitato sul margine nord verso la Valle Argentina. Fuori le mura incontriamo la Chiesa di S. Benedetto al Colletto, primitiva sede della confraternita dei Bianchi (XV sec), poi ridedicata come ex-voto cittadino a San Benedetto Revelli, patrono della città. In questo quartiere, la chiesa di S. M. del Canneto attrae la nostra attenzione: l’edificio, più volte rimaneggiato (particolarmente nel XII sec.), risale all’Alto Medioevo.

Rientrando nell’abitato, discendiamo la Salita Campo Marzio e sostiamo sulla Piazza della S.S. Trinità. L’Oratorio della Confraternita de’ Rossi (dal colore del camice degli affiliati), fu ricostruito nel tardo XVII sec. in sontuose forme barocche; conserva un prezioso Crocifisso d’avorio (fine del XVII- inizio XVII sec) e Il compianto sul Cristo morto, altorilievo policromo dello scultore tabiese Salvatore Revelli. La Confraternita era dedita all’accoglienza dei pellegrini nell’attiguo Ospedale di Sant’Orsola, il cui l’ingresso è decorato da un notevole portale in ardesia (1604).

Proseguiamo e fermiamoci davanti all’ex-complesso delle suore domenicane di Santa Caterina da Siena. Il monastero, filiazione del convento di Chieri, fu fondato all’inizio del Settecento e progettato dall’architetto Giacomo Filippo Marvaldi. La chiesa subì un’importante riedificazione neoclassica (1845-1847) che la trasformò in teatro.

Spostiamoci, ora, sull’attigua Piazza IV Novembre, dove si nota il monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale, opera dello scultore Vincenzo Pasquali. Poco distante, osserviamo il Bastione del Ponte: già parte della cinta muraria cinquecentesca, è rimasto isolato dopo le demolizioni attuate nel corso dell’Ottocento.

Ci avviciniamo al monumentale Ponte Antico, a lungo definito erroneamente romano: camminiamo lungo la tipica “corsia d’asino” (o di mulo), lunga 274 m. e composta di 15 arcate, le più antiche delle quali si trovano presso la sponda sinistra del torrente Argentina. Il ponte, la cui edificazione ha seguito lo spostamento dell’alveo del torrente, ebbe origine nel XIII sec; importanti lavori di ampliamento furono attuati nel sec. XVIII e, infine, nel XIX° fu operata la ricostruzione di alcuni archi dopo i danneggiamenti e i crolli dovuti ai sismi del 1831 e del 1887.

Raggiunta la riva sinistra del torrente, il nostro sguardo si volge alla Villa Curlo al Ponte, residenza di campagna della più importante tra le famiglie nobili della città. Questa villa suburbana (riedificazione di spazi probabilmente preesistenti) conobbe sostanziali ampliamenti e definizione del giardino nel XIX sec.

Rientriamo, ora, in paese e raggiungiamo Piazza Cavour, dove notiamo due monumenti: il busto di Eleonora Curlo (1781-1856), nobildonna tabiese madre dei Fratelli Ruffini, eroi risorgimentali e la statua di G. B. Soleri (1599-1683) medico bussanese benefattore di giovani. Sulla piazza, spicca l’Oratorio dei S.S. Sebastiano e Fabiano, chiesa dell’omonima Arciconfraternita, i cui membri indossano il camice bianco (da qui il soprannome di “Chiesa dei Bianchi”). L’edificio quattrocentesco restaurato a partire dal 1644, mostra decorazioni barocche e, sull’altare maggiore, l’importante e venerato crocifisso ligneo (XV sec.).

Qui, si conclude la passeggiata alla scoperta del centro storico di Taggia. Speriamo tu voglia tornare presto a trovarci e, magari, portare con te qualcuno dei tuoi cari per condividere ancora un po’ di tempo insieme!

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